Passaparola: Stato e Chiesa: strategia comune - di - Giuseppe Musarella ETHOS



Com’è noto, i Patti Lateranensi del 1929 sancirono la “pace” e la ritrovata armonia tra le istituzioni civili dell’allora Regno d’Italia e quelle clericali dell’allora neonata Città del Vaticano. Demandando a chi di competenza analisi e critiche sociali, economiche e culturali su tale importantissimo evento storico e specificando che la fede e la religione non sono assolutamente oggetto di questo scritto, uno degli elementi che accomuna l’agire politico di certi pseudo personaggi statali con quello di certi pseudo personaggi clericali è l’irriverenza mostrata nei confronti del Popolo, sia che si tratti di cittadini, nell’un caso, che di fedeli nell’altro. Infatti, nonostante i continui appelli dei rispettivi Capi di Stato, Presidente della Repubblica e Pontefice, a dipendenti pubblici ed autorità clericali circa l’imperativa necessità di etica e legalità nei rapporti con il prossimo, sono all’ordine del giorno le vergognose ed umilianti vicende di concussione, collusione e, più in generale, di corruzione che hanno come ideatori ed esecutori proprio questi personaggi. Sembrerebbero non servire a nulla le recenti iniziative legislative anticorruzione e le recenti dichiarazioni papali sulla scomunica ai mafiosi. Quest’anomalo ed immorale parallelismo tra negatività statali e clericali, alle nostre latitudini, sembra addirittura trovare convergenze operative nella gestione dei propri “dipendenti”. Non è un mistero, infatti, che alti dirigenti statali, istituzionalmente preposti al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica ed al rispetto della legalità, pur essendo sottoposti a pubblico processo per aver favorito famiglie di ndrangheta della Città sfruttando il proprio ruolo, piuttosto che essere allontanati da Reggio in attesa che si definisca la propria posizione processuale e disciplinare, siano stati promossi e sia stato loro assegnato un incarico di maggiore responsabilità, sempre nella stessa Città; così come non è un mistero che un parroco, dopo aver autorizzato l’inchino dinnanzi l’abitazione di un boss di ndrangheta di un effige definita Sacra ed aver chiesto ai propri parrocchiani di allontanare brutalmente dalla chiesa una persona che stava facendo troppe domande in proposito, sia ancora esattamente dov’era prima, ricevendo, per di più, la solidarietà di un suo superiore gerarchico, un Vescovo che, pur non essendo titolare territorialmente di quella parrocchia, ha evidentemente avvertito la necessità di tutelare il proprio uomo, non avvedendosi, forse, dell’indiretto riconoscimento che, così facendo, un certo clero ha dato alla ndrangheta. Sono due episodi diversi, avvenuti in tempi e luoghi diversi, che coinvolgono soggetti diversi, con funzioni e ruoli sociali solo formalmente diversi. Elemento comune ad entrambi gli episodi citati (ma gli esempi potrebbero essere innumerevoli) è che nessuno dei due protagonisti, il dirigente statale ed il parroco, siano stati rimossi o comunque allontanati dal luogo del misfatto, almeno fin quando non sia chiarita la storia che li riguarda, ricevendo, addirittura, tutela e protezione dai propri diretti superiori. Due dei tanti esempi utili anche per dimostrare, ancora una volta, la discrasia tra intenti legislativi nazionali e pratiche quotidiane locali. Al di là delle parole scritte in atti legislativi o pronunciate durante i discorsi, questi sono gli esempi sotto gli occhi dei calabresi e dei reggini; pertanto, poiché “…l’esempio è la fonte del pensiero successivo…”, si comprende benissimo la necessità di ricercare ed utilizzare altri esempi ed altre persone. 

Il portavoce ETHOS

Giuseppe Musarella

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