LA LUNGA E GLORIOSA STORIA DI REGGIO CALABRIA (14 luglio dell'anno 730 a.C.)



<<L'oracolo ha parlato. Il grande dio Apollo ci indica che dobbiamo partire, è l'unico modo per scampare al tremendo flagello e trovare, finalmente, riposo>> disse Teocle l'ateniese.

E tutti i Calcidesi, che aspettavano trepidanti che la voce sibillina uscisse dalla fenditura della roccia, assentirono con un cenno della testa.

Stremati dalla micidiale carestia che li stava decimando avevano ascoltato di buon grado quell'ateniese che da qualche tempo si era unito a loro nell'isola di Eubea e che li aveva spinti a recarsi a Delfi per interrogare l'oracolo, e ora che il responso era stato ottenuto, non restava che ubbidire al dio e intraprendere la via del mare.

Fatti i dovuti sacrifici ad Apollo e alle divinità marine, per propiziarsi venti favorevoli e arrivare sani e salvi a destinazione, i predestinati al lungo viaggio furono estratti a sorte e, dopo aver imbarcato viveri e equipaggio, presero il largo per andare a fondare la città dove avrebbero potuto vivere serenamente.

Navigarono verso Occidente, vagando per molti anni per lidi ignoti e, dopo tanto peregrinare, Artemide, che guidava la spedizione, scorgendo poco lontano un imponente promontorio sul mare, gridò: <<Costa! Ecco la terra promessa>>.

Approdarono alla foce del sacro Apsia (l'odierno Calopinace) che si gettava in acqua, dal suggestivo acroterio di Calamizzi.

Davanti a loro apparve un'incantevole alternanza di montagne, pianure e torrenti, il sole era dolce e piacevole e una benefica brezza carezzava i loro volti, rinfrancandoli dalla stanchezza.

Uno spettacolo di querce e verdi larici copriva gli erbosi altipiani, mentre canneti bianchi argenti, ulivi e allori li circondavano. Sinora tutto si era svolto come aveva detto l'oracolo, ma in quel luogo di una bellezza selvaggia, non vi era traccia di donne nè di uomini.

Quand'ecco che i loro occhi si posarono su una vite avvinghiata ad un fico selvatico, protesi in un abbraccio verso il cielo quasi a costituire un ponte divino.

Capirono subito che quello era il significato della profezia: la femmina, fertile e feconda, che si congiungeva al maschio per realizzare l'unità cosmica, sposati simbolicamente dove il sacro fiume si gettava a precipizio sul mare.

Non ebbero più dubbi che quello fosse il luogo indicato dal divino responso e vi fondarono la loro polis, chiamandola Rhegion, proprio perchè era situata dove la terraferma si spezzava, protendendosi verso l'isola di fronte fino a toccarla.

Così, in quel caldo 14 luglio dell'anno 730 a. C., ebbe inizio la lunga e gloriosa storia di Reggio Calabria, nell'ultimo lembo del continente che si chiamò Italia e che regalò all'intera penisola il suo nome.


N.B. (Questo testo è stato tratto dal libro "Febea" di Marina Crisafi editore Laruffa)

Commenti

Post popolari in questo blog

Reggio scenderà in piazza per difendere il "Tito Minniti" oppure penserà solo alla Reggina calcio?

L’ospedale di Reggio Calabria è circondato dai rifiuti #IoAmoReggio

Va’ ‘nti to’ mamma di Giuseppe Ginestra

Salvatore Napoli: icona di semplicità