Sono sordo e insegno teatro ai bambini. Quando ho capito che non dovevo vergognarmi sono rinato
Dario Pasquarella ha
perso l'udito da piccolo, a causa di una febbre violenta. Da allora la sua vita
è stata un percorso di ricerca: ha attraversato la depressione, affrontato le
sue difficoltà a comunicare e si è laureato al Dams. E con un incontro fortunato
è arrivata la svolta. "Voglio fare il mio lavoro per tutta la vita".
Una domenica del febbraio 1976, in un piccolo paese immerso
nella natura in provincia di Benevento, tra il verde e una fattoria, Maria
mette al mondo Dario. Nel momento in cui
prende in braccio suo figlio le campane della chiesa iniziano a suonare. Probabilmente
il bambino riesce a sentirle. Ma è dopo che di certo non le sentirà più. “Quel
bambino sono io.
Mi chiamo Dario Pasquarella e sono diventato sordo a 4 mesi
dopo una febbre violenta”. Ha 43 anni e oggi è insegnante, regista e attore. La
sua è una storia fatta di difficoltà e coraggio: dall’ingresso alla scuola
pubblica (“avevo difficoltà d’interazione, di relazione e di apprendimento”) al
convitto delle suore, dalla laurea alla depressione. Dario ha lottato per il
suo sogno: realizzare laboratori teatrali per bambini sordi.
Le prime notti al convitto negli anni della scuola, Dario le
ha vissute senza chiudere occhio. Si sentiva abbandonato. “I miei genitori mi
lasciavano insieme ad altri bambini sordi. Restavo lì, in quegli stanzoni
enormi, dal lunedì al venerdì. Tornavo a casa solo nel weekend”. In un istituto
di suore di Barletta, invece, Dario prende la maturità: “Erano molto rigide. Da
noi studenti sordi pretendevano sempre il massimo, era una sfida continua. E
anche grazie a questo ho ottenuto risultati che altri non udenti, abituati a
lavorare meno, non possono raggiungere”.
Dopo il diploma, però, per Dario comincia un periodo di
depressione. Sua mamma lo spinge verso una vita “normale”. Per lui vorrebbe un
posto sicuro da impiegato in comune, una famiglia. “Ma io non mi ci vedevo
proprio”, sorride. Anzi. Si chiude in camera, non esce più. “Ho pensato al
suicidio più di una volta”, racconta. Fino alla decisione di partire per Roma:
“Dovevo superare le barriere comunicative, ho capito che non dovevo più
vergognarmi di me stesso”. Il teatro è il modo e il mondo in cui Dario riesce
ad esprimersi meglio, quello che gli ha “salvato la vita e tirato fuori dalla
depressione”. Ed è proprio grazie ad una tesi sul teatro nella cultura sorda
che Dario ottiene una laurea al Dams di Roma Tre, con il massimo dei voti. Caso
vuole che Ginetta Rosato, famosa regista sorda romana e fondatrice della
Compagnia di Teatro Sordo ‘Laboratorio Zero’ cercasse attori per un suo
spettacolo. “Grazie a un amico comune sono riuscito a conoscerla e a
collaborare con lei. Non molto tempo dopo è stata proprio Ginetta a propormi di
tenere un laboratorio di teatro per bambini all’interno della scuola di via
Nomentana”, continua Dario.
Oggi Dario si batte per i diritti dei sordi, fa laboratori
dedicati ai bambini dell’asilo e ai ragazzi delle scuole medie, è animatore di
atelier teatrali, divulgatore, attore, regista e pure drammaturgo. Giornata
tipo? Si comincia al mattino presto con un laboratorio di espressività corporea
per bimbi al Nido Montessori di Roma. “Quando finisco di lavorare torno a casa
e vado con la mia cagnetta Betty a fare la spesa al mercato a Trastevere. Nel
pomeriggio torno al lavoro, faccio il docente ai corsi di sensibilizzazione
Lis, corsi di approccio alla Lingua dei Segni e alla cultura sorda”. Ci sono
poi gli incontri con amici e attori per preparare nuovi spettacoli teatrali:
“La sera, finalmente a casa, posso cenare col mio compagno Giuseppe e poi
goderci un po’ di relax”, sorride Dario.
La parte più difficile della sua quotidianità è comunicare
con le persone: nei negozi, al supermercato, in ospedale o anche al bar. “Tutto
il mondo ha già riconosciuto la lingua dei segni e, in Europa, l’Italia è
l’ultimo Paese a doverlo ancora fare. Ci sono molte persone sorde che lo
aspettano e che ne hanno diritto – spiega Dario –. Io mi sento fortunato,
perché dopo anni di fatica e sforzi sono in grado di leggere il labiale delle
persone. Il riconoscimento della Lingua dei Segni ci renderebbe protagonisti
appieno della nostra vita. Fino ad allora invece restiamo spettatori in
attesa”. Dario però non si sente svantaggiato: “Non considero la sordità una
disabilità. Nonostante continui ad incontrare persone che mi danno del
poverino. Io sono abile in tutti i sensi: ragiono, mangio, cammino e vivo come
tutti. L’unica cosa che non posso fare è sentire”.
Come regista Dario ha già portato in scena diversi
spettacoli nella capitale, tutti seguitissimi. “Quando sono sul palco anche io
divento parte integrante della rappresentazione e non posso non ricordare tutti
i miei sogni di bambino, non posso non pensare che questo è il lavoro della mia
vita e che ho intenzione di dedicarmi ad esso fino alla fine dei miei giorni”.
Il sogno di Dario è riuscire ad aprire un Teatro Stabile a Roma che si occupi
solo di Teatro Sordo e Cultura Sorda: “Un posto dove si possano fare ricerca,
studi, sperimentazioni nel settore e spettacoli in Lis e lingua vocale con
operatori sordi ed attori sia sordi che udenti segnanti”. La sua compagnia
teatrale (Arte&Mani-Deaf Italy Onlus) organizza spettacoli in Lis e voce,
affinché possano essere accessibili a tutti. “La nostra è una battaglia –
conclude –. E noi non ci arrendiamo”.
(Scritto e pubblicato sul sito: ilfattoquotidiano.it)
Commenti
Posta un commento