Tutti a tavola dell'accoglienza

di Enzo Bianchi - Gli anni del secondo dopoguerra, una famiglia povera e precaria del Monferrato: queste le mie origini. Mio padre stagnava pentole e macchine da verderame, con poco guadagno. Per tirare avanti faceva anche il barbiere, sebbene pochi potessero pagarsi il lusso di farsi radere. Mia madre era gravemente malata al cuore, sapeva che se ne sarebbe andata presto e poteva fare poco, tra una crisi asmatica e l’altra. Morì quando avevo otto anni…! La vita era grama, eppure in quel clima su cui incombevano la povertà e la morte ricordo la tavola come un magistero, per me ancora bambino. La cucina si affacciava sulla strada, e chi entrava era stupito dal grande tavolo in noce massiccio che si trovava di fronte. Durante il giorno sul tavolo vi erano una tovaglia su cui stavano un pane (una grìssia), un fiasco di vino rosso (barbera o dolcetto) e un orciuolo con l’olio. Il tutto ricoperto da un tovagliolo ricamato a punto croce con la scritta: “Il pane, il vino e l’olio ...