I ripetuti attacchi della mafia alle sedi degli scout
Tre sedi scout vandalizzate in Sicilia in pochi mesi. L’ultimo
attacco a Ramacca, in provincia di Catania, dopo Mineo e Marsala, ha
semidistrutto per la terza volta il bene confiscato assegnato dieci anni fa al
locale gruppo dell’Agesci. Sono solo gli ultimi gravi episodi di violenza e
intimidazione che hanno colpito i giovani col fazzolettone. Nel mirino in particolare
le "basi" che gli scout hanno realizzato in case e terreni tolti ai
clan.
Da anni, infatti, gli scout (Agesci, Masci e Cngei) hanno
scelto di testimoniare concretamente la lotta alle mafie, prendendo in gestione
questi beni. Sono più di venti, dal Nord al Sud, confiscati a camorra,
’ndrangheta e cosa nostra. Luoghi di morte trasformati in luoghi di crescita
educativa per tanti giovani.
Scautismo è in primo luogo scelta educativa, è formazione,
realizzata attraverso il gioco, l’avventura, il servizio. «Per lasciare il
mondo un po’ migliore di come lo abbiamo trovato», come scrisse il fondatore
del movimento, Robert Baden Powell, per gli scout B.P., nell’ultimo messaggio
lasciato ai "suoi" ragazzi. E combattere le mafie con l’educazione è
sicuramente migliorare il mondo. Le mafie lo sanno e reagiscono. Temono
l’educazione più della magistratura e delle forze dell’ordine, come testimonia
il martirio di don Pino Puglisi e come sottolineò con convinzione il
"padre" del pool di Palermo, Antonino Caponnetto.
E ancor più se la si fa in luoghi simbolo come i beni che
sono tornati a nuova vita, beni comuni, beni della comunità. Beni aperti, nello
spirito scout di fratellanza, l’esatto contrario della mentalità mafiosa. Come
la base scout di Naro, nell’Agrigentino, realizzata in un bene che era stato
confiscato dal giudice Rosario Livatino. O la base "Volpe astuta" di
Palermo, frutto dell’impegno di Giovanni Falcone. Luoghi spesso in territori
difficili, in paesi e quartieri che non non offrono nulla ai giovani, e dove i
giovani vengono facilmente "arruolati" dai clan. Gli scout sono così
un’altra strada, un’altra possibilità, che strappa i giovani da questo destino.
Lo sapeva bene don Peppe Diana, parroco di Casal di Principe
e capo scout, ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994, prete col fazzolettone,
Vangelo e giovani. Non l’unico scout vittima innocente delle mafie. Antonio
Esposito Ferraioli, 27 anni, capo scout e sindacalista di Pagani, non volle
stare in silenzio di fronte agli affari della camorra che lo uccise il 30
agosto 1978. Come Giovanni Trecroci, vicesindaco e assessore ai lavori pubblici
di Villa San Giovanni, insegnante e capo scout, ucciso il 7 febbraio 1990 per
essersi opposto agli affari della ’ndrangheta sugli appalti.
Scout coerenti con la propria promessa che impegna a «fare
del proprio meglio», «per aiutare gli altri in ogni circostanza», e con la
propria legge che impegna a essere «puri di pensieri, parole ed azioni». Quanto
di più lontano dalle 'leggi' e dai 'giuramenti' mafiosi. Con parole e fatti.
Con scelte chiare. Nicola Calipari, poliziotto e poi dirigente del Sismi,
ucciso dai militari Usa il 4 marzo 2005 a Baghdad, dopo aver liberato la
giornalista Giuliana Sgrena, era un capo scout.
Negli anni terribili dei sequestri di persona portava i suoi
ragazzi in Aspromonte, cantando e giocando, per dire che quella terra non era
degli ’ndranghetisti. Così come fanno oggi i gruppi scout che 'abitano' i beni
tolti ai mafiosi, riempiendoli di giovani che vogliono cambiare, migliorandola,
la loro terra. E se il seme muore, come gli scout Peppe, Antonio, Giovanni e
Nicola, la pianta dello scautismo continua a crescere rigogliosa in quei
territori difficili.
E ogni 21 marzo, Giornata della memoria e dell’impegno
promossa da Libera (gli scout sono tra i fondatori) per ricordare le vittime
innocenti delle mafie, piazze e strade si riempiono dell’azzurro delle camicie
scout, dei loro canti e delle loro danze. Perché, scrisse B.P., «il vero modo
di essere felici è quello di procurare la felicità agli altri». Anche quando le
mafie ti distruggono la sede. Anzi, ancor di più. Perché la strada della
responsabilità è dura, ma è proprio la strada il luogo dello scautismo, zaino
in spalla e allegria. Gli scout, recita ancora la loro legge, «sorridono e
cantano anche nelle difficoltà». I mafiosi sono avvisati.
Scritto e pubblicato sul sito: Avvenire.it
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