“La malattia mi dà pochi spazi di tregua, voglio affrontarla sapendo che un giorno sarò libera di scegliere”. La storia di Laura e della sua battaglia per il referendum sull’eutanasia.
Articolo del sito: ilfattoquotidiano.it;
Sul polso sinistro si è tatuata una parola, simbolica, che le fa da “guida”. Tregua. Niente o pochi dolori, qualche spazio di autonomia nel corso della giornata. O la semplice possibilità di sollevarsi, con l’aiuto dell’assistente e di un deambulatore. Piccoli, ma fondamentali spazi di libertà. Una tregua dai sintomi della sclerosi multipla, malattia partita in forma benigna 25 anni fa, ma che nel tempo, dopo due decenni di convivenza, si è trasformata, diventando “progressiva”. Per Laura Santi, giornalista 46enne di Perugia, “è stato un turning point”. Un punto di svolta.
Era il 2015. Da allora, come racconta anche nel suo blog ‘La
vita possibile‘, “niente è stato più lo stesso”. Una vita è finita, ne è
cominciata un’altra. “Mai avrei pensato, quando tutto è iniziato, di poter un
giorno riflettere sulla possibilità di voler morire, né di poterlo o meno
fare”. Oggi racconta di non aver avuto alcun dubbio a scegliere di
appoggiare la raccolta
firme per il Referendum sull’eutanasia legale. Una campagna promossa
dall’Associazione Luca Coscioni, attraverso l’attivismo di Marco
Cappato, dell’avvocato Filomena Gallo, di Mina Welby (e
sostenuta anche da Ilfattoquotidiano.it) di
fronte all’immobilismo del Parlamento, che da 37 anni – tanti ne sono passati
dalle prima proposta di legge a firma Loris Fortuna – si rifiuta di prendere in
esame il tema del fine vita.
Certo, ci tiene a sottolineare, l’epilogo della storia non è
certo stato scritto: “Può avere un finale diverso, sono convinta che
bisogna viverla veramente tutta. Chissà, forse anche quando non andrà più
bene, avrò voglia di vivere ancora”, riflette. Il presente, intanto, racconta
come la notte appena passata non sia stata delle migliori. “Tanti spasmi, ho
dormito poco e male. Anche la cannabis terapeutica, che assumo, pur
preziosa, non ha molto effetto nel mio caso. La riabilitazione? Bene farla,
anche se ormai non fa più miracoli”. Eppure, può bastare poco per cambiare la
giornata: “Sono giorni che non riuscivo ad alzarmi in piedi, ce l’ho fatta»,
sorride. Sollevata, anche se per pochi secondi, al deambulatore. «La gente
pensa alla disabilità come al posto d’auto, alla carrozzina, alla pensione
d’invalidità. Ma la disabilità è il tuo corpo. In ogni momento ti
rompe, ti manda un dolore. E tu sei paralizzata. E come fai?”.
Per convocare la consultazione popolare servono almeno 500mila firme entro il 30 settembre: ai tavoli ne sono già state raccolte 320mila, oltre la metà, alle quali dovranno essere aggiunte quelle raccolte dai Comuni. La campagna ha incassato anche le sottoscrizioni di personalità del mondo della cultura e dello spettacolo. L’ultima in ordine di tempo quella Vasco Rossi. Ma serve un ultimo scatto.
Laura lancia così un appello, in vista
dell’ultimo mese e mezzo valido: “Sbaglia chi pensa che questa sia una legge
per morire, è una legge per poter vivere”. Perché, spiega, “vivrei più
serenamente se avessi la libertà, un giorno, di potermi chiedere: ‘È una vita
sopportabile oppure no?'”. E ancora: “Potrei affrontare quelle notti senza
tregua e la mia malattia molto meglio se sapessi che un giorno, eventualmente,
potrei dire stop”. Così come il tesoriere dell’associazione Coscioni, Marco
Cappato, anche Santi non vuole invece farsi illusioni su eventuali prossimi
passi in Parlamento. Il referendum viene considerato l’unica strada per
arrivare a una legge sull’eutanasia legale: “Se mi aspetto un moto d’orgoglio
in Aula? No, abbiamo aspettato per troppo tempo. Destra e sinistra
hanno già dimostrato di fregarsene. Se aspettiamo loro, chi può continuerà
a morire clandestinamente nelle case, tanti altri malati invece continueranno a
soffrire”. Certo, non ha chiari i motivi dell’inerzia tra Camera e Senato: “Non
so se è per pavidità verso il Vaticano o verso il presunto elettorato
cattolico. Ma non ha senso, tanti cattolici hanno firmato, anche Mina lo è,
così come lo era Piergiorgio Welby”. Ma è convinta sia l’ultima occasione: “Se
non raggiungiamo le 500mila firme adesso, se ne riparlerà forse tra
dieci anni. E chissà con quale Parlamento…
Intanto però molti malati aspettano risposte: “L’eutanasia
in Italia già esiste, è sempre esistita e sempre si è praticata. Soltanto
che è illegale, clandestina. Sono disposti i contrari a continuare a far
finta di non sapere?”. Ma non solo. Ricorda come nemmeno le sentenze siano
state applicate, di fatto, tra tempi lenti della giustizia e ‘ostracismo
istituzionale’, da parte delle aziende sanitarie: “La cosiddetta sentenza
Cappato del 2019, nel caso Dj Fabo, non è mai stata presa in
considerazione da sanità e territorio, per i malati che ne hanno fatto
richiesta. Soltanto nel recente caso del paziente tetraplegico Mario (nome
di fantasia, ndr) il tribunale di Ancona ha segnato una svolta, ordinando
di verificare le condizioni per l’accesso al suicidio assistito. Ma sono
serviti due anni». Per
altri il tempo non è stato sufficiente: come Daniela, la donna 37enne, paziente
oncologica, che avrebbe voluto scegliere come morire, ma “non ha fatto in tempo
a raggiungere la clinica in Svizzera”, come raccontò Filomena Gallo a Ilfattoquotidiano.it.
Tradotto, senza una legge si continuerà a soffrire. Anche
perché, al momento, non tutti rientrano nella fattispecie prevista dalla
sentenza Cappato (“dipendenti da trattamenti di sostegno vitale”) per poter
sperare di veder riconosciuto il diritto alla morte assistita. Tanti altri, da
pazienti oncologici o con disabilità gravi, così come affetti da malattie
neurodegenerative, sono tagliati fuori: “Non si può continuare a
discriminare così tante persone“, insiste Laura.
Accanto a lei, il marito e caregiver Stefano Massoli, la assiste, giorno per giorno: “Quando ha iniziato a combattere questa battaglia per la raccolta firme per il referendum sono subito stato al suo fianco. Ho imparato cosa significa, pur non vivendo i sintomi sulla mia pelle, affrontare per tutta la giornata una malattia che non ti lascia scampo”. E poi c’è Ilaria, amica oltre che assistente: “Tante volte abbiamo parlato della possibilità del fine vita. Laura è una combattente, caparbia. Ma nessuno deve impedirle la libertà di scelta. Se un giorno fosse questa la sua decisione, avrà sempre il mio sostegno». Così, l’appello di Laura è quello di sottoscrivere il referendum: “Una libertà in più per chi la vuole usare, non costringe tutti gli altri a usarla“. Basta una firma.
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