Scampi e gamberi italiani pieni di microplastiche
L'inquinamento dei mari da plastica sta cominciando a dare i
suoi problemi anche in Italia. Come ormai è noto ogni anno finiscono nei mari
tra i 5 e i 13 milioni di tonnellate di plastica. Una parte importante di
questo materiale si trasforma in minuscoli frammenti, chiamati microplastiche,
che possono essere ingerite dagli organismi, anche quelli che vivono nelle
profondità, come scampi e gamberi viola, che poi finiscono sulle tavole. Un
gruppo di ricercatori e docenti del Dipartimento di Scienze della vita e
Ambiente dell'Università di Cagliari, in collaborazione con quelli
dell'Università Politecnica delle Marche, hanno documentato la presenza di
microplastiche in queste due specie di crostacei, prelevati attorno alla
Sardegna, mostrando un'elevata contaminazione: 413 particelle trovate nello
scampo e 70 nel gambero.
LO STUDIO
Prevalentemente si tratta di polietilene (PE, il principale
costituente degli imballaggi e della plastica monouso), e di polipropilene (PP,
usato per i tappi delle bottiglie o le capsule del caffè). I risultati dello
studio sono stati pubblicati sulla rivista Environmental Pollution. "Sono
risultati allarmanti ma che non devono creare allarmismo - spiega all'ANSA
Alessandro Cau, che ha firmato lo studio insieme a Claudia Dessì, Davide
Moccia, Maria Cristina Follesa e Antonio Pusceddu - non sappiamo ancora, infatti,
se la quantità ritrovata nello stomaco dei gamberi ma soprattutto negli scampi
(sono crostacei scavatori, quindi tendono ad ingerire maggiormente le sostanze
depositate nel fondo marino), possa causare danni all'organismo o all'uomo.
Certo è che quelle microplastiche, che sembrano così distanti da noi, ci
ritornano indietro in maniera subdola".
CE LE RITROVIAMO NEI PIATTI?
Il prossimo passo della ricerca è capire quanta
microplastica possa arrivare davvero sulle tavole. "Ci stiamo chiedendo se
gli scampi, in particolare, siano in grado di triturare quelle microplastiche
che abbiamo trovato nel loro stomaco e che non sono riuscite a passare nel
tratto digerente perché troppo grandi. In questo caso le particelle verrebbero
reimmesse nel mare e nella catena alimentare di altre specie, nel caso
contrario - avverte il ricercatore - arriverebbero tutte sui nostri
piatti"
(Fonte ANSA)
Commenti
Posta un commento