Coronavirus, 55mila senzatetto non possono “stare in casa” e le strutture faticano: ‘Rischio per sé e per gli altri. Serve impegno istituzioni’
In Italia oltre 55 mila persone non possono attuare una delle
direttive principali imposte dall’emergenza sanitaria legata al Covid19:
rimanere in casa. Sono i senza fissa dimora, una parte di cittadinanza fragile
al centro anche di un appello lanciato dal capo della Protezione Civile, Angelo
Borrelli. Proprio lui, durante uno dei punti stampa quotidiani, dopo che l’Oms
ha dichiarato il coronavirus “una pandemia”, si è rivolto alle amministrazioni
locali per chiedere di organizzare delle strutture per l’assistenza dei
senzatetto.
“In questo momento di emergenza sanitaria possono mettere a
rischio se stessi e gli altri. Si sentono ancora più isolati e abbandonati,
aumentando il disagio fisico e psichico”, dice Michele Ferraris, responsabile
comunicazione di fio.PSD, la federazione che riunisce oltre 130 associazioni
che lavorano nel settore in tutta Italia, al Fattoquotidiano.it. E specifica:
“Le persone senza dimora, non hanno una casa dove rimanere quindi non possono
rispettare la limitazione degli spostamenti, imposta dal decreto del Presidente
del Consiglio”.
La situazione delle strutture non è ottimale. Senza i
volontari e le volontarie molte hanno chiuso, mentre in altre mancano
mascherine e disinfettanti. Alcune mense, non avendo gli spazi adeguati per
rispettare le distanze di sicurezza, non servono più i pasti caldi, ma solo
piatti freddi, da asporto. Il risultato è che spesso chi ne ha bisogno è
costretto a consumare il cibo per strada o nei parchi, molti dei quali in città
come Firenze o Milano sono ormai chiusi al pubblico.
Il problema principale rimane quello di trascorrere la
giornata quando sono chiusi i centri di accoglienza notturna. Ma anche l’igiene
lo è: sono stati infatti interrotti i servizi come le docce comunali e la
distribuzione di indumenti. Ripararsi dal cattivo tempo o caricare il cellulare
diventa quasi impossibile nelle città in quarantena, senza le biblioteche e i
bar.
“Serve l’impegno delle istituzioni perché le persone senza
dimora e gli operatori del settore possano vivere e lavorare in sicurezza”, spiega
Alessandro Pezzoni, referente “area grave emarginazione” della Caritas
Ambrosiana, “nei comuni c’è bisogno di strutture dove possano trascorrere la
giornata senza stare in giro rischiando di prendere il virus, in solitudine”.
A Milano, capoluogo della regione più colpita dal Covid19,
su 2600 senzatetto circa 600 vivono in strada, fuori dai centri di accoglienza.
Un numero in crescita dopo l’approvazione dei decreti sicurezza. Anche nel
capoluogo lombardo alcune mense e strutture hanno dovuto chiudere, così come le
docce comunali gratuite ubicate in diverse zone della città. Alcuni centri di
accoglienza notturna invece rimangono aperti anche di giorno.
Le strutture in attività si sono adeguate alle norme
sanitarie. Tra queste c’è la Casa Jannacci a Milano che ospita 503 persone
senza dimora e dà lavoro a 80 operatori. “Con un termometro frontale misuriamo
la temperatura di chi entra e, se hanno la febbre, li curiamo nell’ambulatorio,
dove ci sono un medico e un infermiere”, racconta Massimo Gottardi, il
direttore della struttura. “Finora non abbiamo avuto nessun caso di coronavirus
– continua – ma abbiamo già predisposto sei camere per l’isolamento. Nel
dormitorio i letti sono separati da un metro e mezzo di distanza e, da quando è
iniziata l’emergenza sanitaria, non abbiamo dimesso gli ospiti più fragili,
quelli con problematiche psichiatriche o di dipendenze”.
L’obiettivo è quello di tenerli il più possibile dentro la
struttura. “Cerchiamo di non farli stare per strada, aumentando il numero dei
pasti gratuiti, implementando gli spazi di socialità, nel rispetto delle
distanze interpersonali e dando la possibilità di rientrare nelle camere
durante il pomeriggio – conclude Gottardi – Le persone che ospitiamo
collaborano e ci ringraziano per le cure. Davanti al virus condividiamo le
stesse paure e privazioni, non dobbiamo dimenticare i più fragili”.
Articolo tratto dal sito: ilfattoquotidiano.it
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