RIFLESSIONE DOMENICALE #31: "Nelle carceri si producono 10 mila mascherine al giorno"
<<Ritorniamo alla vecchie abitudini delle riflessioni domenicali! In questo periodo storico complesso, dove un virus sta resettando il mondo, sembra che la solidarietà stia prendendo piede.
E' bello leggere e vedere certe testimonianze che fanno bene al cuore e ci fanno comprendere che ancora nel mondo vi sono persone, anche se agli occhi della società sono paragonati al diavolo, fanno questi gesti concreti di aiuto per la società>>.
Buona domenica, buona riflessione e restate a casa!
Peppe Cotroneo
Coronavirus, nelle carceri si producono 10 mila mascherine al giorno: “Non solo per uso interno, vanno anche a strutture sanitarie”
Venticinque istituti penitenziari di tutta Italia per un
totale di circa 10mila mascherine chirurgiche al giorno. Dall’inizio
dell’emergenza coronavirus, le carceri italiane hanno fatto notizia solo per le
rivolte interne, ma negli ultimi giorni, in realtà, proprio in molti istituti
sparsi su tutto il territorio nazionale è iniziata la produzione autonoma di
mascherine di cui c’è grande bisogno nelle strutture sanitarie, nei luoghi di
lavoro tutt’ora aperti e nelle stesse carceri. Il progetto del Dipartimento
dell’Amministrazione Giudiziaria (Dap) del Ministero della Giustizia ha
ottenuto il via libera dell’Istituto Superiore di Sanità: i 25 laboratori
sartoriali nelle carceri di tutta Italia – da quelli delle zone più colpite di
Bergamo, San Vittore e Opera passando per Massa, Volterra e Orvieto fino a
Rebibbia, Lecce e Siracusa – hanno iniziato a produrre le mascherine
chirurgiche “in tessuto non tessuto”, ovvero composti da due o tre strati di
poliestere e polipropilene.
Dopo le richieste di maggiori protezioni per i detenuti, nel
question time di mercoledì pomeriggio alla Camera, il ministro della Giustizia,
Alfonso Bonafede, ha assicurato che negli istituti penitenziari sono già
arrivate 200mila mascherine e 768.889 guanti per metterli in sicurezza, mentre
la capacità giornaliera di mascherine prodotte è di circa 8mila al giorno che
“potranno rappresentare un evidente incremento della dotazione”. Alcuni
istituti sono già partiti e hanno già distribuito le mascherine, altri
inizieranno la produzione nei prossimi giorni.
Il prototipo e la prima produzione a Massa – Il prototipo di
mascherina, di cui è già stato prodotto un primo lotto, arriva dall’istituto
penitenziario di Massa (circa 200 detenuti) che, in seguito all’autorizzazione
dell’Asl, ha convertito il proprio laboratorio sartoriale dalla produzione di
federe e lenzuola alle mascherine chirurgiche. Il primo stock ha riguardato
circa un migliaio di mascherine che, a pieno regime, diventeranno circa 5mila
al giorno, distribuite a detenuti e agenti penitenziari interni, ma anche alle
strutture ospedaliere e alle Rsa della Asl Toscana Nord-Ovest con cui è stato
firmato un protocollo. “La collaborazione tra istituzioni è sempre importante e
determinante per una buona gestione del bene comune – spiega il direttore
generale della Asl, Maria Letizia Casani –, ma lo è ancor di più in momenti di
difficoltà e di emergenza”.
Un’iniziativa fortemente voluta dalla direttrice del carcere
di Massa, Maria Cristina Bigi: “L’idea è nata dal crescente bisogno di
protezione e fabbisogno di mascherine all’interno carcere – spiega al
fattoquotidiano.it – e ci tengo a precisare che il lavoro dei detenuti non è
solo una auto produzione per i dipendenti del carcere, ma le mascherine vengono
distribuite anche nelle strutture sanitarie della provincia che hanno bisogno.
Credo sia un bel modo attraverso cui i detenuti possono rendersi utili in un
momento così difficile”.
“Le mascherine servono agli agenti penitenziari” – Tra i
penitenziari che hanno già iniziato a produrre mascherine ci sono quelli
campani di Secondigliano, Santa Maria Capua Vetere e Salerno, il carcere
“Mammagialla” di Viterbo e quello di Sulmona (L’Aquila). Molti di questi lo
stanno facendo per uso interno, tra cui il carcere Orvieto che inizierà nei
prossimi giorni: “Avevamo già un laboratorio di tappezzeria che è stato
convertito per produrre mascherine – racconta la direttrice del carcere umbro,
Chiara Pellegrini – Il carcere è un luogo chiuso che, in quanto tale, protegge
i detenuti, ma solo in parte perché noi operatori accediamo dall’esterno.
Quindi servono mascherine più agli operatori penitenziari che ai detenuti, che
possono indossarle quando c’è un caso sospetto o di contagio. La salute nelle
nostre carceri è un principio fondamentale che va garantito quotidianamente”.
(Articolo tratto dal sito: ilfattoquotidiano.it)
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