La disuguaglianza è inaccettabile, ma insieme possiamo creare l’alternativa
Il prossimo anno la ricchezza detenuta dall’1% più ricco
della popolazione del pianeta supererà per la prima volta quella del restante
99% messo assieme, mentre già oggi gli 80 individui più facoltosi della Terra
detengono la stessa ricchezza della metà più povera: 3 miliardi e mezzo di
persone; sono alcuni dei dati presenti nell’ultimo rapporto pubblicato dalla
Ong Oxfam. Mai si era verificata una situazione simile nella storia, e la
tendenza degli ultimi anni è impressionante, le ricchezze della metà più povera
degli abitanti della Terra, tutte insieme, erano pari a quelle di 388
miliardari nel 2010, scesi a 177 nel 2011, 159 nel 2012, fino ai 92 del 2013 e
agli 80 dell’anno scorso. Se continua così tempo altri tre anni e ne basteranno
dieci, perché loro sono sempre ricchi e tutti noi sempre più poveri.
LA CRISI AVANZA, I RICCHI INGRASSANO. La rivista americana
Forbes ogni anno pubblica la classifica dei paperoni del mondo. Leggendo
all’interno dei dati dell’ultima versione apprendiamo che, nel 2014 le 80
persone più ricche detenevano un patrimonio complessivo di 1.900 miliardi di
dollari, mentre nel 2010 la loro ricchezza era di 1.300 miliardi. A questo
punto una domanda è d’obbligo: ma che razza di crisi è quella in cui i più
ricchi aumentano i propri averi di 150 miliardi di dollari ogni anno? Che sia
tutta una presa in giro? In ogni paese d’Europa si sta sviluppando la stessa
dinamica, e l’Italia non fa certo eccezione: secondo le statistiche del Censis
nel nostro paese, nel pieno della crisi economica, dal 2006 al 2012, mentre il
reddito di un operaio si è ridotto del 17%, quello di un dirigente è salito
dell’83% e quello di un imprenditore del 71%.
Una volta analizzati i freddi dati sulla crescente
disuguaglianza è facile comprendere il motivo per il quale molti analisti
critici contestino l’utilizzo della parola “crisi” per descrivere ciò che sta
avvenendo. Ogni giorno, parlando di crisi economica, politici e giornalisti da
talk show non fanno altro che alzare una cortina fumogena per nascondere ciò
che realmente accade: siamo di fronte ad una riorganizzazione del sistema
capitalistico in chiave ultraliberista, all’interno della quale la crisi
finanziaria cominciata nel 2008 è stata utilizzata come un formidabile assist
da parte delle istituzioni politiche e monetarie europee per far digerire a
milioni di cittadini la nuova disciplina del rigore. Un rigore che, va da sé,
coinvolge tutti meno che gli appartenenti alla casta dell’1%.
L’INGANNO DELLA MANCANZA DI CRESCITA. Bisogna ridurre le
spese, tutti dobbiamo fare dei sacrifici. Sono slogan che ci hanno ripetuto
talmente tante volte da indurci a credere che sia così senza coltivare il
minimo dubbio. Ed in questo modo ci hanno convinti ad accettare di tutto:
governi tecnici non eletti, tagli allo stato sociale, diminuzioni degli
stipendi, l’eliminazione di quasi ogni tutela sul lavoro. E nel frattempo la
forbice dalla disuguaglianza ha continuato ad allargarsi costantemente, fino ad
arrivare al punto che anche in Italia il 10% più ricco della popolazione
detiene il 50% della ricchezza complessiva. Una truffa colossale resa palese da
un semplice dato, pubblicato da una ricerca della Banca Nazionale del Lavoro:
in Italia non è mai circolata tanta ricchezza come ora. Sembra impossibile, ma
è così. La ricchezza mobiliare (conti correnti, azioni, titoli di stato,
polizze, fondi comuni) presente in Italia è arrivata a 3.858 miliardi di euro,
battendo il precedente record del 2006 (3.738 miliardi), con una crescita di
400 miliardi dal 2011 a oggi. Solo che di questi 3.858 miliardi di ricchezza,
quasi due miliardi sono in mano al 10% della popolazione, mentre il restante
90% si trova a fare i conti con “la crisi”.
Dalle colonne di questa rivista non ci sentirete mai parlare
dalla mancanza di crescita economica come del problema fondamentale del mondo.
Anzi, le crescite che auspichiamo sono quelle della cultura, della
consapevolezza, della solidarietà e dell’autoproduzione. Nella convinzione che
è attraverso un nuovo modo di pensare, produrre e consumare che passa la
salvezza del pianeta, sia sul piano ecologico che per quanto riguarda il
benessere di tutti i cittadini del mondo. Ma volendo solo per un attimo
prestare il fianco ai paladini della crescita economica, ecco che si dipana
davanti a noi l’ultimo bandolo di una matassa fatta di menzogne. Ed anche in
questo caso basta ragionare su di un semplice dato per comprendere il tutto: a
frenare la crescita è innanzitutto la disuguaglianza. Lo ha messo nero su
bianco l’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa)
affermando che l’accentuarsi delle diseguaglianze ha “scippato” sette punti
percentuali di Pil agli stati di tutta Europa negli ultimi anni. Questo per la
semplice ragione che i ricchi, quando diventano ancor più ricchi, semplicemente
accumulano di più, ma non spendono di più.
IL 99 PER CENTO SIAMO NOI. Nella Francia del 1700, quella
prima della rivoluzione, nobili, prelati e una manciata di possidenti
detenevano il 70% delle terre e la quasi totalità delle ricchezze pur
rappresentando un’esigua minoranza della popolazione. Di lì a poco cominciarono
le rivolte e tutti sappiamo come andò a finire: teste di nobili e preti a
saltare per aria tra il giubilo di poveri e contadini. Oggi la distribuzione
delle ricchezze è se possibile ancora più iniqua. Vogliamo davvero vivere in un
mondo dove l’1% possiede più di tutti noi messi insieme? Se la risposta è no
occorre innanzitutto iniziare ad averne consapevolezza, perché, a differenza di
tre secoli fa (forse), non ci sarebbe neppure bisogno di organizzare tumulti
per cambiare le cose. E non solo perché ora abbiamo a disposizione il voto
democratico, ma soprattutto perché ogni nostra azione quotidiana può
contribuire a cambiare le cose.
Nei secoli scorsi, quando le vie di comunicazione erano
impervie e lentissime e le masse erano mantenute nell’ignoranza da un sistema
feudale, bastò la semplice diffusione della stampa per rendere i popoli
consapevoli delle ingiustizie che stavano subendo e indurli all’azione in tutta
Europa. Oggi in apparenza abbiamo tutto ciò che serve, viviamo un tempo in cui
le informazioni corrono sulla rete, in cui ognuno di noi può imparare, farsi
un’idea e confrontarsi con persone di tutto il mondo anche solo utilizzando
internet. I social network permettono di organizzarsi a migliaia, e se usati
bene – come dimostrato dalle primavere arabe e dal movimento Occupy – rendono
possibile il coordinamento di azioni di massa. Quello che manca è probabilmente
la consapevolezza di poter contribuire attivamente, con i comportamenti di ogni
giorno, a smontare tassello per tassello tutti i pezzi di un sistema sempre più
ingiusto. Eppure è possibile.
OGNI ACQUISTO È COME UN VOTO. Prima di tutto è il nostro
modo di consumare che dobbiamo mettere in dubbio. L’iniquità che viviamo deriva
in gran parte dalle attività speculative di banche e grandi multinazionali,
disposte a distruggere il pianeta ed ogni essere vivente in nome del profitto.
Spesso non ce ne preoccupiamo, o siamo portati a credere che la nostra piccola
azione quotidiana non può avere nessuna efficacia di fronte all’enorme potere
di chi tira le fila del potere economico. Ma non è così, e molti esempi rendono
ormai lampante come le azioni dei consumatori possano mettere fortemente in
crisi e indurre al cambiamento anche dei veri e propri colossi. Il tutto
semplicemente andando a colpirli nei loro punti più sensibili: il profitto e la
reputazione del marchio. Basti pensare all’ultimo caso in ordine di tempo,
quello che in Italia ha colpito il gigante dei piumini d’oca Moncler, azienda
che dopo l’inchiesta andata in onda su tv pubblica, nella quale è stato
documentato come i cappotti venduti nei negozi a migliaia di euro erano
prodotti sfruttando i lavoratori e maltrattando gli animali, è stata colpita da
un’azione di boicottaggio capace di far sospendere ripetutamente in borsa il
titolo per eccesso di ribasso e di mettere a repentaglio l’esistenza stessa
dell’azienda inducendola a cambiare il proprio comportamento.
Pensiamo a cosa potrebbe succedere se la semplice facoltà di
scelta consapevole fosse adottata da parte dei consumatori ogni volta che si
acquista una qualsiasi merce o si sceglie in quale banca porre i propri
risparmi. Su ogni impresa è ormai possibile trovare informazioni e articoli
dettagliati in rete, e bastano pochi minuti per scoprire se la propria banca fa
profitto finanziando traffici di armi in Africa o rendendosi partecipe di mega
progetti volti allo sfruttamento delle risorse naturali, o se i pantaloni che
ci piacciono sono prodotti senza rispettare i diritti sindacali. Addirittura
ora esistono delle applicazioni per cellulare che ci permettono di sapere tutto
il necessario su di un marchio semplicemente scansionando con lo smartphone il
codice a barre del prodotto che intendiamo acquistare; in pochi secondi siamo
in grado di sapere se l’azienda produttrice è sotto boicottaggio per qualche
ragione. Il consumo e l’acquisto critico e consapevole rappresentano uno
strumento semplice e diretto, attraverso il quale ognuno di noi può contribuire
a cambiare il sistema. Basta entrare nella logica che ogni nostro acquisto
equivale a un voto, attraverso il quale abbiamo il potere di premiare i
produttori corretti e punire quelli che contribuiscono a perpetrare un sistema
ingiusto.
(Scritto e pubblicato sul sito: dolcevitaonline.it)
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