La storia è un bene comune, salviamola
La storia è un bene comune. La sua conoscenza è un principio
di democrazia e di uguaglianza tra i cittadini. È un sapere critico non
uniforme, non omogeneo, che rifiuta il conformismo e vive nel dialogo. Lo
storico ha le proprie idee politiche ma deve sottoporle alle prove dei
documenti e del dibattito, confrontandole con le idee altrui e impegnandosi
nella loro diffusione.
Ci appelliamo a tutti i cittadini e alle loro rappresentanze politiche e
istituzionali per la difesa e il progresso della ricerca storica in un momento
di grave pericolo per la sopravvivenza stessa della conoscenza critica del
passato e delle esperienze che la storia fornisce al presente e al futuro del
nostro Paese.
Sono diffusi, in molte società contemporanee, sentimenti di rifiuto e
diffidenza nei confronti degli “esperti”, a qualunque settore appartengano, la
medicina come l’astronomia, l’economia come la storia. La comunicazione
semplificata tipica dei social media fa nascere la figura del contro-esperto
che rappresenta una presunta opinione del popolo, una sorta di sapienza mistica
che attinge a giacimenti di verità che i professori, i maestri e i competenti
occulterebbero per proteggere interessi e privilegi.
I pericoli sono sotto gli occhi di tutti: si negano fatti ampiamente
documentati; si costruiscono fantasiose contro-storie; si resuscitano ideologie
funeste in nome della deideologizzazione.
Ciò nonostante, queste stesse
distorsioni celano un bisogno di storia e nascono anche da sensibilità
autentiche, curiosità, desideri di esplorazione che non trovano appagamento
altrove. È necessario quindi rafforzare l’impegno, rinnovare le parole, trovare
vie di contatto, moltiplicare i luoghi di incontro per la trasmissione della
conoscenza.
Ma nulla di questo può farsi se la storia, come sta avvenendo precipitosamente,
viene soffocata già nelle scuole e nelle università, esautorata dal suo ruolo
essenziale, rappresentata come una conoscenza residuale, dove reperire al
massimo qualche passatempo. I ragazzi europei che giocano sui binari di
Auschwitz offendono certo le vittime, ma sono al tempo stesso vittime
dell’incuria e dei fallimenti educativi.
Il ridimensionamento della prova di storia nell’esame di maturità, l’avvenuta
riduzione delle ore di insegnamento nelle scuole, il vertiginoso decremento
delle cattedre universitarie, il blocco del reclutamento degli studiosi più
giovani, la situazione precaria degli archivi e delle biblioteche,
rappresentano un attentato alla vita culturale e civile del nostro Paese.
Ignorare la nostra storia vuol dire smarrire noi stessi, la nostra nazione,
l’Europa e il mondo. Vuol dire vivere ignari in uno spazio fittizio, proprio
nel momento in cui i fenomeni di globalizzazione impongono panorami sconfinati
alla coscienza e all’azione dei singoli e delle comunità.
Per questo cittadini di vario orientamento politico ma uniti da un condiviso
sentimento di allarme si rivolgono al governo e ai partiti, alle istituzioni
pubbliche e alle associazioni private perché si protegga e si faccia progredire
quel bene comune che si chiama storia
e chiedono:
- Che la prova di storia venga ripristinata negli scritti dell’esame di Stato delle scuole superiori;
- Che le ore dedicate alla disciplina nelle scuole vengano incrementate e non ulteriormente ridotte;
- Che dentro l’università sia favorita la ricerca storica, ampliando l’accesso agli studiosi più giovani.
Andrea Giardina
Liliana Segre
Andrea Camilleri
Ignorare la nostra storia vuol dire dimenticare le nostre origini , la nostra storia Inoltre e' un paniere da dove attingere per il nostro futuro
RispondiElimina.
, la nostra nazione, l’Europa e il mondo. Vuol dire vivere ignari in uno spazio fittizio, proprio nel momento in cui i fenomeni di globalizzazione impongono panorami sconfinati alla coscienza e all’azione dei singoli e delle comunità.
Ciao buongiorno a lei. Condivido pienamente questo suo pensiero. La storia serve anche a non ripetere gli errori del passato.
EliminaBuona giornata
Peppe Cotroneo