In banca mica so’ fessi? Certi preti sono clienti d’oro e se li tengono stretti
“Vescovi e preti stiano alla larga da ricchezza e vanità”,
tuonò qualche anno fa Papa Francesco. Forse era consapevole dei
privilegi clericali, della esistenza dei sacerdoti trader e
probabilmente del silenzio (d’oro per il Vaticano) delle banche.
Partiamo dai privilegi, “dall’abuso di
questi, come dice De André, pericoloso gioco sociale”.
I Patti Lateranensi sottoscritti nel 1929
dal governo fascista sono tutt’oggi citati nella Costituzione. Valgono ancora.
L’articolo 29 del Concordato equiparò, dal punto di vista
tributario, gli enti ecclesiastici agli enti di beneficenza; l’art.20 rese le
merci in entrata per la Santa Sede e i suoi uffici esenti da dazi.
Ma, continuiamo. Il concordato subì delle modifiche nell’84, la Chiesa trattò
sul carattere esclusivo della religione Cattolica per aumentare i
privilegi: maggiori esenzioni fiscali e doganali.
La Chiesa ha il diritto di percepire ogni anno l’otto per
mille (più di un miliardo di euro all’anno), è esente da Ires, Irap,
Iva, imposte sui redditi dei propri fabbricati, esente da Imu. Potremmo andare
avanti, lo faremo, ma facciamo una pausa per arrivare pronti al più grande ed
indiretto privilegio per le banche.
Abbiamo bisogno di un intermezzo. Chiediamoci,
ma quanto guadagna un uomo di Chiesa? Un prete semplice circa mille euro
al mese, i parroci sui 1.200, i vescovi arrivano fino a 3.000,
gli arcivescovi dai 3.000 ai 5.000, i cardinali in
media 5.000.
Ecco, ora voglio soffermarmi su una vecchia inchiesta,
andata in onda su Rai 3 nel 2015, che, partendo dalla denuncia fatta
dal sottoscritto nel libro Io
vi accuso, portò alla ribalta un certo modo di fare, dei movimenti
che gettavano ombre sulla reale ricchezza degli esponenti clericali.
Fu scoperchiato il pentolone di un portafoglio di un
consulente bancario e, a titolo di esempio, analizzando il conto bancario
di un prete semplice riscontrammo un’entrata fissa mensile di appunto circa
mille euro. Sconvolgenti, invece, erano le uscite. Nell’arco di 30 giorni
trovavamo: 50mila per sottoscrizione di titoli e fondi comuni + 20mila per
acquisto titoli + un accredito di 50 mila, questa volta, per vendita titoli +
un altro accredito di 29 mila, ancora per vendita titoli + un bonifico su conto
estero di mille, regalo di compleanno ad un amico.
Vita finanziaria intensa per un modesto sacerdote di
provincia, non trovate? Tutto ciò con soli mille euro di stipendio, notevole o
forse no. Com’era possibile? Commercio illecito di donazioni dei
fedeli? Evasione fiscale di ricche famiglie canalizzata sul conto del
parente sacerdote per sfuggire ai controlli? Qualche domanda sorge
opportuna.
Ma sapete quante operazioni simili degli uomini di Chiesa
vengono segnalate dalle banche come “sospette” ai fini della legge
antiriciclaggio? Zero, nessuna. In banca mica so’ fessi, si
remano contro da soli? Assolutamente no. Ecco il grande privilegio.
Vi racconto un aneddoto. Ero capo-area della
provincia di Napoli e alla nostra banca, dopo la fusione con un istituto di
credito vicino al Vaticano, venne imposto che la gestione dei patrimoni delle
arcidiocesi e dei principali esponenti del clero campano fosse affidata ad un
nominativo indicato dalla stessa curia, un diacono a libro
paga della banca ma che fungeva da personal banker della
Curia. Non potevamo rifiutarci, per “non perdere clienti d’oro”
e, ovviamente, “benefit e premi”. Lo avremmo fatto? In banca mica so’
fessi. Tutto questo in cambio di silenzio.
Ho visto conti correnti dell’arcidiocesi a sei cifre non
giustificabili con le donazioni, ho visto bonifici di centinaia di migliaia di
euro su conti di preti di provincia, mai segnalati. Ho visto sacerdoti fare
trading. Tutto ciò, mi conferma un amico ancora in banca, succede tuttora
mentre ve lo sto raccontando.
L’antiriciclaggio è una nota dolente per gli istituti di
credito, le banche devono segnalare (per obbligo) tutte le operazioni sospette,
se guadagno mille e faccio operazioni per 300mila devo essere
segnalato. Se lo facesse un normale cittadino, al primo sospetto si
troverebbe l’agente Peña (riferimento casuale al commissario della DEA che
combatteva i Narcos) fuori la porta di casa, cani da droga e via di fuga
bloccate. Nel caso dei preti, invece, nessun controllo. Conviene
tacere e incassare. Il silenzio e d’oro per gli uni e per gli altri. L’antiriciclaggio
se ne faccia una ragione.
(Scritto e pubblicato sul sito: ilfattoquotidiano.it)
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